Porno Dei Bassifondi. La Miseria Urbana Come Immagini Accattivanti
Un quartiere degli Zabaleen al Cairo. Censurato.

Come l’estetizzazione delle baraccopoli iconiche limita la comprensione dell’urbanistica informale da parte delle persone

Alla Biennale di Architettura di Venezia del 2012, Urban Think Tank ha presentato Gran Horizonte, un “ristorante pop-up” che imita la vita nel famigerato grattacielo accovacciato Torre de David nella capitale venezuelana di Caracas. Questo grattacielo è stato abbandonato a metà dei lavori e successivamente occupato da migliaia di comuni venezuelani che lo hanno trasformato in un ‘barrio verticale’.

Urban Think Tank ha condotto ricerche approfondite sull’edificio e lo ha definito “un laboratorio per lo studio dell’informale”. Per presentare le loro scoperte, hanno realizzato un’installazione-ristorante-slash che sembrava essere stata trasferita direttamente dalla torre, utilizzando materiali da costruzione ed estetica simili agli interventi informali.

Dopo la mostra di Venezia, questa straordinaria storia di un vero e proprio fallimento architettonico e di una lotta popolare per il proprio “diritto alla città” ha guadagnato una seria attenzione, al punto che è diventata una sorta di cliché architettonico. Nonostante abbia vinto un Leone d’Oro e l’apparente successo del progetto, è stato anche severamente criticato, tra gli altri da Dan Hancox in The Architectural Review, per essere un palese esempio di “slum porn”.

Potrebbe benissimo avere ragione. La Torre de David non è un “barrio” mediocre, ma grazie alle sue dimensioni e alla sua forma insolita è piuttosto estremo e fotogenico. E in effetti, la fotografia ipnotizzante di Iwan Baan si traduce in immagini forti e uniche che estetizzano immediatamente la torre e i suoi interni autocostruiti, si distacca dalla situazione locale e comprime questa situazione locale complessa e stratificata in immagini facilmente consumabili.

Mentre la ricerca approfondita di Urban Think Tank rimane nascosta in una costosa pubblicazione, è la fotografia di Iwan Baan che si è distinta dall’installazione e ha riempito blog, siti di notizie e social media per anni dopo la biennale vera e propria.